Post

Visualizzazione dei post da maggio, 2020

Cosa portare fuori (2)

Immagine
In questa normalità inusuale rispetto le distanze. Mi muovo con cautela fra dentro e fuori, e torno sugli stessi interrogativi. Mi domando cosa portare fuori, dopo. E mi domando, adesso, se siano descrivibili le differenze nel sentire la soglia fra dentro e fuori. Nel pensare cosa portare fuori e cosa far rientrare. Di certo è concreta e visibile la differenza di condizioni sociali, personali. Il dentro può essere intollerabile se non so come mantenere me e i miei cari. Può essere intollerabile se è angusto lo spazio fisico o mentale. Se dalla finestra vedo degrado, sia dentro che fuori. Diventa necessario pensare (e cercare, o forse immaginare) un fuori molto fuori. Un altro dentro. Vorrei portare fuori il desiderio di guardare e vedere. Vorrei portare fuori e conservare dentro la mimica dei volti. Vorrei proteggere le emozioni per poterle portare fuori (appena possibile) e conservarle dentro. Per riconoscere le emozioni (e per esprimerle) abbiamo bisogno che esse attraversino il

Cosa portare fuori (1)

Immagine
L’euforia di potersi precipitare fuori non mi appartiene. Non mi è appartenuta parimenti l’urgenza di organizzare le giornate in modo cronometrico. Non solo perché il tempo è prematuro e il fuori non potrà essere il fuori di prima. Non solo perché nemmeno il dentro sarà, una volta fuori, lo stesso dentro. Il segno di un altro dentro e di un altro fuori è inciso nell’attesa, nella sospensione del tempo. È scritto negli sguardi, nel panorama oltre la finestra. Allora vorrei pensare a cosa portare fuori. Perché il dentro di oggi e il fuori di domani siano sì diversi dal dentro e dal fuori di ieri, ma entrambi riconoscibili. Dotati di senso. Dotati di senso per me. Dotati di senso per noi. E il senso è dato da ciò che riusciremo a portare fuori, con noi. Vorrei portare fuori la necessità di perdere tempo. Di perdersi nel tempo. Vorrei portare fuori una condanna meno aspra della macchina asciugatrice, di tipo statunitense, che sgombra la casa, soprattutto nella stagione intermedia, senz

Riflessioni (e confessioni) di un tecnico help desk

Immagine
di Riccardo Capoferro Il momento in cui è stato decretato il lockdown ha segnato per alcuni l’inizio di una vacanza, per altri l’inizio di una stagione di difficoltà, ansia e forse indigenza, per altri, gli insegnanti, l’inizio di una mobilitazione (sedentaria) di massa, convulsa, scalcinata e post-apocalittica. Io ero tra questi, nella duplice veste di professore e di coordinatore – nella sostanza factotum – di corso di laurea, quindi responsabile insieme ai miei colleghi della transizione alla didattica on line. Ho cominciato a prendere confidenza con google meet e google classroom, a preparare powerpoint corredati di file audio (con slide via via più barocche, poi sostituite dalle lezioni in streaming) e a chiedermi con un manipolo di colleghi – una specie di unità di crisi – come organizzare le sedute di laurea on line e gli esami. Non molto tempo dopo, data l’eccezionalità della situazione, mi sono trovato per la prima volta a presiedere una seduta di laurea: un misto tra un

La diplomazia delle mascherine

Immagine
No, che non penso alle grandi questioni di politica internazionale. Cina, USA, Russia, UE: ognuno tifa la squadra del cuore – oppure nessuna – e le superpotenze decideranno per noi, povera piccola Italia sotto custodia dai tempi lontani dell’AMGOT. Bado invece alle faccende di casa nostra e alla levata di scudi in risposta al calmiere delle mascherine e alla reprimenda del commissario Arcuri contro gli speculatori. Calmiere, o maximum, ha sinistra memoria, per notabili e benpensanti, rievocando l’economia di guerra, la "Patrie en danger" e i fantasmi giacobini del Comitato di Salute Pubblica. E poi c’è il libero mercato: il diritto sacrosanto di non vendere a 50 centesimi quanto si è pagato 0,55 o 0,60; il diritto imprescrittibile di venderlo a 3 o 4 euro, anche in tempi di emergenza sanitaria e pur trattandosi di bene di primissima necessità. Così tuonano i padroni delle ferriere, Federfarma che si immagina in trincea, aedi e coriste della loro carta straccia. Lo

Cazzeggiare! Uno sproloquio velenoso.

PREGASI I/LE GENTILI LETTORI/LETTRICI  DI IMMAGINARE A PROPRIO PIACIMENTO  LA FOTO DI APERTURA DI QUESTO POST Cazzeggiare! Uno sproloquio velenoso Hodie venenum effusum est in ecclesia . Il veleno oggigiorno è ormai di largo e piacevole consumo nelle nostre collettività, anzi – mi voglio rovinare! – comunità. Ha un colorino arancione marcio, a volte più rosso (più tradizionale, e quindi: uff! …sti vecchi!!), lo sorseggiano tutti, con gusto, ormai a tutte le ore: a Ischia (dove quello e il cappuccino sono fra i più cari al mondo, per via della presenza di tedeschi arrapatissimi di stabilimenti termali per un'élite di massa) vidi gente a Sant’Angelo che ne faceva consumo alle 10.30 del mattino. Un veleno aranciognolo accompagnato da grosse olive, condite – che te lo dico a fa’ – con qualche scorza d’arancia e qualche bambino ricco, viziato e annoiato che non voleva bere neanche il succo d’arancia che gli veniva profferto con tanto di cannuccia e ombrellino multicolore (con p

Il Coronavirus come scorciatoia verso l'espiazione

Immagine
[NdR: riceviamo e pubblichiamo, sebbene con lieve sconcerto] Cari bloggers di "salva con nome", o meglio, cari... come potremmo chiamarvi? "Salvaconnomesi"?  "Saveasanti"?  "Onomadiazosonauti"?  Non so, ce lo dirà la storia... E comunque, ecco, volevo comunicarvi alcune cose che mi son passate per le cervella e che potrebbero fornire un contributo forse non completamente inutile all'allegro dibattito cui avete dato inizio. Insomma, in realtà non è che abbia letto molto di ciò che avete scritto, però ad occhio mi sembra si parli di temi quali il tempo, l'autorappresentazione, il diritto a giudicare, o valutare, roba così. Insomma, temi di cui si parla parecchio in giro, ma non sempre in maniera appropriata. Non sono sicura che voi ne parliate in maniera appropriata, ma non importa. L'importante è che mi abbiate dato l'occasione per scambiare due chiacchiere con qualcuno. Qui dal mio eremo non troppo distante

Riflessioni sul grigio: tenebre albe e passaggi. Con Paul Celan (Quasi un kaddish: 20 aprile 1970- 20 aprile 2020)

Immagine
Riflessioni sul grigio: tenebre albe e passaggi. Con Paul Celan (Quasi un kaddish: 20 aprile 1970- 20 aprile 2020) fonte dell'immagine  https://pierrejoris.com/blog/paul-celan-fifty-years-later-tenebrae-5-more/     Paul Celan, poeta di lingua tedesca nato Antschel nel 1920, in Romania, nella città di Cernăuți, già Czernowitz austroungarica, oggi Ucraina col nome di Černivci, scampato allo sterminio nazista cui non sfuggirono invece i due genitori, un anno a Bucarest tra 45 e 46, poi a Vienna che ancora pullulava di nazisti, esule a Parigi dal 1948, e ancora - naturalizzato cittadino francese, traduttore di grandissimi poeti europei e americani, lettore di tedesco all’École normale supérieure, uno dei grandi poeti del ‘secolo-lupo’ Novecento: tra il 19 e il 20 aprile del 1970, esattamente 50 anni fa, pone fine alla sua vita buttandosi nella Senna. Una sua poesia parla di un salto dai conci del Pont Mirabeau, di un uomo alato di parole e ferite (E come il libro di Tarus

6 perché siamo. Considerazioni spassionate sul 6 politico

Immagine
di Valerio Cordiner “Improvvisare, adattarsi, raggiungere lo scopo”, questo il breviario del buon Marine che il sergente Gunny impartisce al suo plotone nell’omonimo film eastwoodiano. Eccellente in tempi di guerra, tale via tico risulta utile anche in quelli di pace, qualora situazioni straordinarie richiedano mezzi estremi o semplicemente di fortuna. Quindi, anche oggi; visto che siamo in guerra, o almeno così ci dicono i mezzi di informazione e le autorità preposte. Facciamo allora che siamo in guerra. E, perché ci siamo ormai da due mesi, viviamo tappati in casa come i soldati nelle trincee; e nel frattempo ci siamo abituati al computo serale dei decessi, alla colonna sonora delle ambulanze, al coprifuoco senza le bombe, al controllo senza alcun motivo dei documenti, a ristrettezze e privazioni di ogni genere. Anche a fare lezioni, esami e tesi – o almeno a far finta di provarci – con l’ausilio del pc e della rete. Se poi in casa un computer non c’è, il segnale è debole e

Falsi autoritratti. Tempo, schermo, memoria.

Immagine
di Barbara Ronchetti  Sbiadiscono. Le ore, gli scatti. Il tempo respira il ritmo dei pensieri. Ogni cosa si muove in fretta, ogni cosa è immobile. Una gelatinosa attesa affollata di impegni bidimensionali. Lo schermo. Il volto e lo schermo. Il volto, altri volti e lo schermo. Difficile guardare nello specchio. La sua prossimità con mondi altri lo fa ingombrante. Lo schermo è diverso, non ha profondità. Lo schermo prende il sopravvento. Prospettive inusuali. L’ordine delle cose evolve in modo inatteso. Portare lo sguardo al di fuori di sé, rendere quel sé meno pauroso. La perdita di sé, la perdita, la scomparsa. Tra questo e il prima, la scomparsa di mia madre. Autentica, fisica. Questo è immaterialmente reale. Mia madre aveva paura dell’acqua. Mia madre era nata sulle rive di un lago che non esisteva più. Scambi di affetto dentro un rettangolo. La memoria ereditaria dei luoghi, delle azioni, delle persone. La paura ereditata da quel lago prosciugato. La paura del