La diplomazia delle mascherine
No, che non penso alle grandi questioni di politica
internazionale. Cina, USA, Russia, UE: ognuno tifa la squadra del cuore – oppure
nessuna – e le superpotenze decideranno per noi, povera piccola Italia sotto
custodia dai tempi lontani dell’AMGOT.
Bado invece alle faccende di casa nostra e alla
levata di scudi in risposta al calmiere delle mascherine e alla reprimenda del
commissario Arcuri contro gli speculatori. Calmiere, o maximum, ha sinistra memoria,
per notabili e benpensanti, rievocando l’economia di guerra, la "Patrie en
danger" e i fantasmi giacobini del Comitato di Salute Pubblica. E poi c’è il libero
mercato: il diritto sacrosanto di non vendere a 50 centesimi quanto si è pagato
0,55 o 0,60; il diritto imprescrittibile di venderlo a 3 o 4 euro, anche in
tempi di emergenza sanitaria e pur trattandosi di bene di primissima necessità.
Così tuonano i padroni delle ferriere, Federfarma che si immagina in trincea, aedi e coriste della loro carta straccia. Lo Stato resti al suo posto, si faccia i fatti suoi e lasci
correre. Siamo in regime di libero mercato: ce lo chiede l'Europa e piace ai sovranisti, uniti nella stessa lotta dal buon senso riposto a mazzette nel portafogli.
Va, tuttavia, eccepito che se basta la mano invisibile a
regolare virtuosamente economia e società, dovrebbe così valere in ogni occorrenza, e senza eccezioni di sorta. Niente mano generosa dello Stato a elargire
sussidi alle aziende in crisi. Niente mano protettrice dello Stato a tutelare
il Made in Italy, o presunto tale, dalla concorrenza estera. Niente mano
caritatevole dello Stato a curare e guarire chi si è preso il virus. Niente
mano armata dello Stato a difendere proprietà e libero commercio, se il
cittadino esasperato, le mascherine, te le viene a chiedere in cassa impugnando
un bastone.
Propositi sovversivi; esempi paradossali; retorica
populista; casi di scuola. Ne convengo. Ma intanto, nelle farmacie e presso la
grande distribuzione, le mascherine sono state preventivamente ritirate dagli
scaffali, pur di non venderle a 0.50, rimettendoci qualche spicciolo… E, poco
male, se i concittadini ne restano sprovvisti. Produci-Consuma-Crepa: è il libero mercato, bellezza. Se non
ti piace, quella è la porta, anzi la frontiera, e cercati un altro Stato.
In attesa che riprenda il traffico aereo, libriamoci in cielo con la fantasia. Io, per esempio, vorrei la cittadinanza di uno Stato – se possibile nei paraggi – capace con congrua spesa di risolvere l'impasse, di uno Stato che si incarichi per me (e per il mio bastone) di vincere ogni ritrosia. Invece
di lanciare gli elicotteri sulle tracce di anziani a spasso nei boschi o di sub immersi nelle profondità marine, il mio Stato li
dirigerebbe in stormi verso i magazzini ove il libero mercato accaparra e stocca le mascherine. “Ta, ta, ta – Ta, ta, ta”, come nel film La Battaglia di Algeri, gli
uomini-leopardo si calerebbero sui tetti, sfondando le porte e strappando le
saracinesche. Requisizione della merce per pubblica utilità, esproprio dei
locali senza indennizzo, distribuzione gratuita del maltolto… beninteso in
strada, per garantire l’areazione. "Aria! – aria di casa mia!" Aria di una libertà diversa da quella del
libero mercato. Ma aria buona e sana di democrazia, da respirare a pieni
polmoni, anche dietro la mascherina, o il passamontagna.
È solo un sogno e non mi faccio illusioni. Ma è notte fonda e lasciatemi sognare. Domani mattina, andrò a fare acquisti all'emporio cinese...
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